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lunedì 29 maggio 2017

Un Paese - e forse un mondo - sull'orlo di una crisi di nervi

Dov’è finito il buon senso? Il processo non va fatto all’omeopatia come chiede Gianluca Nuvoletti sulla Stampa ma allo stato mentale generale. L’otite è un disturbo dolorosissimo, chi è quella madre che tiene il piccolo in preda a intollerabili sofferenze per 15 giorni senza portarlo in un pronto soccorso? Dai vaccini al crudismo vegano, tutte le spie di un disagio giunto a limiti di guardia. Tanto ai limiti da diventare questione politica.





Il primo a essersene accorto è ovviamente Berlusconi che si  è organizzato con Michela Brambilla per intercettare il consenso degli animalisti gruppo che ricompende un universo vasto dagli antivivisezionisti, agli anticaccia fino ai vegani che non si nutrono di cibo animale. Si stima portino un 5% potenziale di consensi.

Per un romanzo lo scrivente era in cerca del piatto considerato eponimo del lusso esclusivo in America, e googolando si è trovato in siti che magnificavano i dieci migliori ristoranti di New York. Ognuno vantava menù multipli per intercettare i regimi alimentari più vari: da quelli glutine free, ai vegani appunto.



E veniamo al caso di Cagli, un centro antico sull’Appennino del Montefeltro in provincia di Pesaro. Case di pietra, fiori ai balconi, il teatro della tragedia dove un bimbo di sette anni è stato tenuto per 15 giorni in preda ai dolori atroci dell’otite senza che nessuno si sia imposto per portarlo in un pronto soccorso. Il bambino è morto.
Com’è successo che scelte da prendere secondo buon senso e razionalità sono divenute invece questione identitaria, di fede, di partito?
Sotto la pelle invecchiata della società italiana cova la rivolta. Una rivolta primordiale contro la dinamica sociale dove tutto è ingranaggio senza via di fuga, questo è. Pistolotto finito. Passiamo agli esempi.

Perché sui vaccini non si adotta un po’ di buon senso? Ci si potrebbe vaccinare per le malattie gravi - dalla meningite, all’epatite, all’HPV virus - e magari scegliere di affrontare un morbillo e l’influenza. Perché, da un lato, c’è chi rifiuta vaccinazioni fondamentali per malattie gravissime e, dall’altro, vi è chi le vuole imporre per malattie ordinarie (che ovvio possono diventare gravi in casi predisposti)? Perché queste crociate? Sembrano entrare in gioco fattori identitari ma la salute non è il campo dove condurre tali battaglie.

Da una parte c’è chi si illude, rifiutando un vaccino, di riprendere il controllo sulla propria vita; dall’altra parte, vi è lo scientismo ideologico, la monetizzazione del rischio sanitario e chissà cos’altro. Per questo ho condiviso la temperanza del Ministro Valeria Fedeli: perché andare a imporre con l’esclusione da scuola la vaccinazione a gente che la rifiuta ,proprio forse come inconsapevole gesto di affermazione di sé e del perimetro della propria autodeterminazione, diventa scatenante e intrusivo. Rischia di risultare totalitario.

Veniamo all’omeopatia i cui confini tanto facilmente si confondono con la fitoterapia. Chi vi scrive va a raccogliere le erbe di persona e prepara macerati per la cura della famiglia. Testi di fisioterapia alla mano ovviamente - non siamo nel campo della stregoneria - , utilizza per esempio un macerato idralcolico di fiori di sambucus nigra  - raccolti nel campo di fronte a casa  - le cui proprietà antivirali ancorché di azione sconosciuta sono viceversa studiate dalla scienza. Beh al primo starnuto lo scrivente si prende il suo “stobenino” ed evita l’influenza.

“Stobenino” appunto, una media virtus che non aspira all’immortalità e accompagna il fisico nelle sue esigenze senza componenti ideologiche. Onore e gloria alle eccellenze della sanità italiana che tante vite riescono a restituire malgrado l’assalto di morbi di difficilissimo controllo e onore e gloria a un approccio clinico consapevolmente olistico, ispirato al buon senso.
È chiedere troppo? In questo Paese - e forse non solo in questo - sembra di sì.  


La gente sempre più soffocata da fattori inquinanti, da criteri di organizzazione sociale schiaccianti, cerca le sue vie di fuga spesso sbagliando. Sta al legislatore e al governante capire che il momento è giunto per imprimere alla società la svolta profonda e palingenetica che le permetta di cogliere il frutto più dolce della rivoluzione tecnologica, il lavoro a distanza. Un lavoro a distanza che non costringa più a vivere ammassati in città puzzolenti, schiavi degli orari e del traffico. È un’urgenza assoluta o l’equilibrio si spezzerà.


Monica Montanari




Fonti e Documenti

Berlusoni animalista su Repubblica
Il bambino morto a causa di un'otite su Il Resto del Carlino
Vaccinazioni contro virus che causano il cancro su Repubblica
Proprietà antivirali del Sambucus Nigra 
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