giovedì 9 febbraio 2017

Bersani ora non vuole il congresso: schizofrenia della minoranza

Dicono tutto e il contrario di tutto. Prima D’Alema è per il premio alla coalizione  - al punto di evocare un nuovo Prodi federatore della galassia ulivista -  poi oggi, in un’intervista a Repubblica, è per il premio di maggioranza alla lista. Prima non volevano il congresso subito, poi volevano il congresso subito. Adesso - notizia  di ieri - Bersani NON vuole il congresso subito.
 


Un’unica cosa accomuna dichiarazioni in aperto contrasto negli scissionisti del PD, tutte le proposte hanno una costante: togliere i capilista bloccati. Togliere i capilista bloccati consentirebbe loro di muovere le truppe cammellate dell’associazionismo collaterale e scippare il partito alla gente del PD.

«La nostra gente» come ha twittato oggi Alessia Morani: la nostra gente che vuole la svolta renziana per il Paese:
«ehi @matteorenzi ma perché non facciamo davvero il congresso? E vediamo con chi sta la nostra gente #congressosubito».

Ieri Bersani alla buvette di Montecitorio ha intrattenuto i giornalisti per spiegare perché il congresso non lo vuole più.

Non lo vuole ora perché ancora non c’è la legge elettorale e dunque - diciamo noi - non sa come va a finire con i capilista bloccati, le poltrone.




D’Alema in mattinata ha pensato di infilarsi a cuneo nella dialettica interna alla maggioranza del partito, innescatasi sembra tra franceschiniani favorevoli al premio alla coalizione e orfiniani contrari. Entra a gamba tesa e spende una fiche a favore di Orfini e del premio di maggioranza alla lista. L’ideona è quella di spaccare i renziani e cambiare gli assetti interni.

Questo disegno dalemiano sembra basarsi sulla possibilità di far dimenticare il vero discrimine costituito dai capilista bloccati.

Attorno ai capilista bloccati già sanciti dalla normativa in vigore, la maggioranza di Renzi si addensa ben decisa a mantenere però il controllo del partito in proprie mani.

Per quanto il Lider Maximo infatti mesti e rimesti, la broda resta quella.

Questo agitarsi scomposto della minoranza scissionista nasce dalla consapevolezza che Renzi ha in mano tutte le carte. Spero mi si scusi se incorro nella scorrettezza di badare alla sostanza.

Renzi può far cadere il governo quando vuole
Renzi ha già una legge che conferisce il premio di maggioranza alla lista
Renzi ha già una legge che gli dà il potere di decidere chi sarà eletto
Renzi ha già la maggioranza delle preferenze nella base del Partito




Il piano degli scissionisti è dunque attaccare uno per uno questi capisaldi:

Per togliere a Renzi il potere di far cadere il governo quando vuole stanno orchestrando un pressing straordinario: dal sostegno dei quaranta senatori a Gentiloni ieri, al coro mediatico, alle affermazioni di D’Alema stamane sulla polveriera creata dallo Spread - che lui stesso ha contribuito ad alzare con la sua battaglia per il no al referendum. Scandaloso.

Per togliere a Renzi il premio di lista, gli scissionisti puntano a esacerbare il contrasto con i franceschiniani nella speranza di farli irrigidire sulla questione.

Per togliere a Renzi il potere di decidere i futuri eletti stanno offrendo di tutto: dal premio di lista, alla posposizione del congresso. Leggasi: ti lasciamo la segreteria se rinunci ai capilista bloccati.

Per togliere a Renzi il consenso interno, infine, gli scissionisti battono sul prestigio dell’orazione consapevole, sui grandi disegni. Troppo poco a fronte del progetto concreto vasto e incisivo delle riforme costituzionali portate da Renzi a referendum.

Qui casca l’asino proverbiale, gli scissionisti dovrebbero farsene una ragione.


Monica Montanari



Fonti e documenti

Intervista D’Alema su Repubblica
Dichiarazioni di Bersani alla buvette di Montecitorio su Huffington Post

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