martedì 31 gennaio 2017
D’Alema: il comunista dei poteri forti
Non volevo proprio farlo questo pezzo. Massimo D’Alema va lasciato al suo tortuoso addio alla politica. Dal momento però che i giornalisti da lui piazzati negli anni alla Rai, e
non solo, pagano il proprio obolo dedicandogli spazio e attenzione
mediatica, scrivere ci tocca per ricordare che D’Alema ha un’idea
leninista del suo partito ma non è un uomo di sinistra.
Renzi in partenza per Boston abbandona l'Italia: i racconti distopici di Corbino
Il realismo magico di Rob Gonsalves |
Dicono che D’Alema stia tentando di mantenere segreto un suo progetto che prevede la sconfitta del suo nemico dichiarato Matteo Renzi, in occasione del futuro congresso del PD. Ma intanto, per puro caso, Renzi è stato fotografato in partenza, a bordo della sua Tiguan, stracolma di valige.
“Sta partendo, sta partendo.”
La voce si è diffusa in un baleno
Occupati e disoccupati aumentano insieme: perché è un bene
I dati sulla disoccupazione giovanile sotto i 24 anni sono buon
segno, la nuova occupazione creata da Renzi dà fiducia. I giornali del
"no" si appigliano ai dati sull’aumento della disoccupazione sotto i 24
anni e
non dicono che a farla crescere sono i tanti ragazzi che smettono di
girarsi i pollici e si mettono a cercare lavoro.
lunedì 30 gennaio 2017
Grillo vs Renzi. Per gli altri non c’è partita
Nemici d’Italia. Agli ordini di D’Alema, Grillo sembra usare il vincolo di mandato per puntare alla scissione interna dei Cinque Stelle e realizzare il disegno del ritorno all’Italia consociativa, lottizzatrice e spartitoria del “NO”.
domenica 29 gennaio 2017
Renzi rilancia: non è una partita di poker. È lo sviluppo dell’Italia
Giocatori di poker e bari delle tre carte. Ieri hanno detto: “Renzi si comporta come un pokerista disperato, che raddoppia la posta dopo ogni partita persa”. Quando la generosità ti porta a raddoppiare la posta, se in gioco è l’Italia.
sabato 28 gennaio 2017
Siamo in campagna elettorale: ecco il discorso di Renzi
Renzi non risponde a D'Alema, non ne ha bisogno. A rispondere per lui è
l'ovazione dei sindaci di tutta Italia. Quando Matteo Renzi compare in
maglioncino e camicia con le maniche rimboccate, dalla platea sale
un'esultanza liberatoria, come il nuovo inizio di una storia solo
interrotta.
D’Alema contro tutti. Finalmente se ne va!
D’Alema se ne va. E intende portarsi i suoi da Bersani a Speranza e via dicendo. Il PD si avvia finalmente a chiarire per quale progetto la gente è chiamata a pagare la tessera, a votare e a fare campagna elettorale.
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venerdì 27 gennaio 2017
Pressioni sulla Consulta: le motivazioni potrebbero rimettere in gioco la palla
C'è chi si aspetta dalla Consulta l'ordine di rendere omogenee le leggi elettorali di Camera e Senato.
Italicum: perché si discute di collegi
Vediamo di capirci qualcosa. Perchè i collegi sono imporanti.
L’oggetto del contendere nel dibattito sulla nuova legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta e sui suoi possibili effetti ha un fulcro non detto, un oggetto non dichiarato senza conoscere il quale non si comprende effettivamente il nocciolo del problema: la dimensione e il numero dei collegi plurinominali previsti dall’Italicum.
È da ieri che senza dirlo esplicitamente si dibatte su questo perché dalla configurazione dei collegi può dipendere una svolta in senso maggioritario della legge elettorale pur senza toccare l’Italicum. Creare collegi piccoli infatti metterebbe i piccoli partiti del tutto fuori gioco. Ora spiegherò perché.
I collegi elettorali sono attualmente determinati con decreto del Governo dell’agosto 2015 n.185: 100 collegi totali, ciascuno con la dimensione circa di una provincia. Modificare ora il decreto collegi, mettervi mano, appare cosa più facile che riaprire i giochi sulla legge elettorale dove gli aspetti concatenati interni complicano la possibilità di trovare accordi.
Perché è così importante.
Modificare il decreto attuativo mantenendone la plurinominalità ma riducendo di molto l’ampiezza dei collegi - poniamo creando piccoli collegi dove si possano eleggere due deputati - in pratica cambierebbe gli effetti dell’Italicum oggi in vigore per come emendato dalla Consulta.
L’Italicum prevede infatti un minimo di 100 collegi ma non impedisce di crearne un numero maggiore e di minor dimensione. Se - poniamo - si adottassero collegi dove si possono eleggere due deputati ciascuno, è facile immaginare che verrebbero eletti ovunque i deputati dei maggiori partiti lasciando pochissime chance ai più piccoli.
Ecco che cambierebbe totalmente l’assetto dell’emiciclo presentato ieri dal Corriere della Cera in un’infografica dove nessuna maggioranza uscirebbe dall’Italicum modificato dalla Consulta. Ecco che le previsioni pessimiste di Roberto D’Alimonte sulla possibilità della legge di dare una maggioranza al Paese verrebbero sovvertite.
Un blitz concordato tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle per modificare il decreto attuativo dell’Italicum n.185 del 2015, imprimerebbe alla legge, pur senza modificarla un grande potere maggioritario rendendo accessibile al partito vincente l’agognata soglia del 40% su base nazionale cui resta ancorata la conquista del premio di maggioranza.
Un’altra conseguenza della riduzione della dimensione dei collegi, sarebbe l’aumento dei capilista a disposizione della scelta dei capipartito e dunque molti di più sarebbero i parlarmenetari scelti dalle segreterie. È un aspetto importante nello psicodramma interno del Partito Democratico. In questo quadro si spiegano le dichiarazioni di Romano Prodi ieri in un’intervista al Corriere della Sera con l’accorata richiesta di un ritorno al collegio uninominale:
«Con i partiti di oggi, quel sistema non può che aumentare la frammentazione. Io mi oriento verso il maggioritario uninominale, con collegi molto piccoli — si smarca Prodi, rilanciando il Mattarellum —. Tu non puoi mandare in un collegio uno che valga poco, perché lo perdi. Ci devi mettere gente di livello e così aiuti la classe dirigente a formarsi.»
Purtroppo, il ritorno all’uninominale è impossibile senza cambiare legge elettorale e per instaurare collegi uninominali non basterebbe la semplice modifica del decreto 185 del 2015. E allora? Allora il richiamo di Prodi a favore del collegio uninominale - invocato perché maggiormente capace di selezionare una classe politica migliore - suona in realtà come altolà alla modifica del “decreto collegi” dell’Italicum.
Intendiamoci il Matterellum è largamente preferibile a questo Italicum modificato ma ove non sia possibile ottenerlo, c’è la via della modifica del decreto attuativo.
Monica Montanari
Alessandro Di Matteo, «I sondaggisti sono d’accordo: con questa legge elettorale una maggioranza è impossibile», La Stampa, 26/01/2017
Renato Benedetto, «Italicum, se si votasse oggi sarebbe una Camera senza vincitori», Corriere della Sera, 26 gennaio 2017
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È da ieri che senza dirlo esplicitamente si dibatte su questo perché dalla configurazione dei collegi può dipendere una svolta in senso maggioritario della legge elettorale pur senza toccare l’Italicum. Creare collegi piccoli infatti metterebbe i piccoli partiti del tutto fuori gioco. Ora spiegherò perché.
I collegi elettorali sono attualmente determinati con decreto del Governo dell’agosto 2015 n.185: 100 collegi totali, ciascuno con la dimensione circa di una provincia. Modificare ora il decreto collegi, mettervi mano, appare cosa più facile che riaprire i giochi sulla legge elettorale dove gli aspetti concatenati interni complicano la possibilità di trovare accordi.
Perché è così importante.
Modificare il decreto attuativo mantenendone la plurinominalità ma riducendo di molto l’ampiezza dei collegi - poniamo creando piccoli collegi dove si possano eleggere due deputati - in pratica cambierebbe gli effetti dell’Italicum oggi in vigore per come emendato dalla Consulta.
L’Italicum prevede infatti un minimo di 100 collegi ma non impedisce di crearne un numero maggiore e di minor dimensione. Se - poniamo - si adottassero collegi dove si possono eleggere due deputati ciascuno, è facile immaginare che verrebbero eletti ovunque i deputati dei maggiori partiti lasciando pochissime chance ai più piccoli.
Ecco che cambierebbe totalmente l’assetto dell’emiciclo presentato ieri dal Corriere della Cera in un’infografica dove nessuna maggioranza uscirebbe dall’Italicum modificato dalla Consulta. Ecco che le previsioni pessimiste di Roberto D’Alimonte sulla possibilità della legge di dare una maggioranza al Paese verrebbero sovvertite.
Un blitz concordato tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle per modificare il decreto attuativo dell’Italicum n.185 del 2015, imprimerebbe alla legge, pur senza modificarla un grande potere maggioritario rendendo accessibile al partito vincente l’agognata soglia del 40% su base nazionale cui resta ancorata la conquista del premio di maggioranza.
Un’altra conseguenza della riduzione della dimensione dei collegi, sarebbe l’aumento dei capilista a disposizione della scelta dei capipartito e dunque molti di più sarebbero i parlarmenetari scelti dalle segreterie. È un aspetto importante nello psicodramma interno del Partito Democratico. In questo quadro si spiegano le dichiarazioni di Romano Prodi ieri in un’intervista al Corriere della Sera con l’accorata richiesta di un ritorno al collegio uninominale:
«Con i partiti di oggi, quel sistema non può che aumentare la frammentazione. Io mi oriento verso il maggioritario uninominale, con collegi molto piccoli — si smarca Prodi, rilanciando il Mattarellum —. Tu non puoi mandare in un collegio uno che valga poco, perché lo perdi. Ci devi mettere gente di livello e così aiuti la classe dirigente a formarsi.»
Purtroppo, il ritorno all’uninominale è impossibile senza cambiare legge elettorale e per instaurare collegi uninominali non basterebbe la semplice modifica del decreto 185 del 2015. E allora? Allora il richiamo di Prodi a favore del collegio uninominale - invocato perché maggiormente capace di selezionare una classe politica migliore - suona in realtà come altolà alla modifica del “decreto collegi” dell’Italicum.
Intendiamoci il Matterellum è largamente preferibile a questo Italicum modificato ma ove non sia possibile ottenerlo, c’è la via della modifica del decreto attuativo.
Monica Montanari
Fonti e documenti
Monica Guerzoni, «Prodi: siamo messi male se io sono il Messia. I giovani? Una delusione », Corriere della Sera, 27 gennaio 2015Alessandro Di Matteo, «I sondaggisti sono d’accordo: con questa legge elettorale una maggioranza è impossibile», La Stampa, 26/01/2017
Renato Benedetto, «Italicum, se si votasse oggi sarebbe una Camera senza vincitori», Corriere della Sera, 26 gennaio 2017
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giovedì 26 gennaio 2017
Abruzzo: per bypassare la burocrazia colpevole bisognava votare Sì
Burocrazia e dissesto locale tutte cose che ostacolano la ripresa del Centro Italia e che la riforma costituzionale renziana avrebbe sanato. Il progetto efficientista dell’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi si riconferma più che mai necessario in questi giorni di emergenze maltempo e terremoto.
Migliora il Debito Pubblico: ecco perché il “NO” si sta pentendo
Cala il debito in rapporto al Pil grazie alle politiche del Governo Renzi, ma sale lo spread dopo la sentenza della Consulta, il Centro Italia terremotato annaspa: gli elettori potranno tirare presto le somme con la nuova legge elettorale uscita dalla sentenza e imprimere all’Italia la svolta di cui ha bisogno.
mercoledì 25 gennaio 2017
Popolo del “sì” contro popolo del “no”: italicum subito applicabile senza ballottaggio
Sentenza Italicum dalla Consulta: bocciato il ballottaggio, resta il premio di maggioranza alla lista, con basse soglie di sbarramento. Restano anche i capilista bloccati ma non potranno più scegliere. La Consulta specifica che la legge è immediatamente applicabile.
Se si andrà - come si andrà - alle elezioni con questa legge, l’effetto semplificatore e maggioritario è assicurato. Sarà lotta al coltello per aggiudicarsi il 40 % che farà scattare il premio di maggioranza con uno sforzo di conquista dell’elettorato tale da non poter non riverberarsi anche sui risultati elettorali ottenuti al Senato. E dunque nessun problema di maggioranze difformi nelle due camere proprio a causa dell’effetto semplificatore del premio.
In termini assolutamente teorici è possibile che una forza in grado di conquistare il 40% alla Camera dei Deputati non ottenga la maggioranza assoluta in Senato, tuttavia la soglia di sbarramento all’8% oggi in vigore per il Senato sembra convergere su un assetto bipartitico dell’offerta politica.
La legge indurrà un’enorme asciugatura del quadro politico con marcata tendenza non solo bipolare ma bipartitica perché il premio di maggioranza è un premio di lista, non alla coalizione.
Si confronteranno di nuovo il popolo del Sì contro il popolo del No.
La lotta ora si sposta all’interno di questo secondo fronte. Per ridurre infatti i tre poli a due soltanto sarà necessario per qualcuno cannibalizzare la destra che appare più debole e divisa.
Due sono gli scenari possibili:
1) Grillo si espande a destra. Se Grillo si sposterà più marcatamente su contenuti qualunquisti potrà prevalere, altrimenti presterà il fianco alla guerra senza quartiere con cui da destra verrà bersagliato ogni giorno, sollecitato, immaginiamolo sopratutto sul tema dell’immigrazione.
In questo scenario i Civati sono destinati a ritornare nell’alveo del PD, salvo accantonamento di Bersani e D’Alema macchiatisi di tradimento. La vecchia guardia berlusconiana e salviniana dovrà acconciarsi a entrare nelle fila del Movimento Cinque Stelle e o a vedere sconfitte le proprie tematiche per lungo tempo a venire.
2) Renzi si sposta con decisione al centro e riesce a intercettare anche il voto tradizionalmente anticomunista. Cruciale in questo senso i tempi e i modi con cui condurrà la battaglia contro la minoranza interna.
In questo scenario occorrerà a Renzi far spazio anche ai salviniani, oltre che ai liberali, per avere la forza numerica necessaria per vincere. La minoranza dem e i partitini di sinistra estrema dovranno convergere su Grillo.
In un quadro del genere le forze politiche dovranno avere la saggezza di bypassare le tradizioni ideologiche e porre davanti all’opinione pubblica piattaforme programmatiche chiare. Il popolo del “sì” e il popolo del “no” appunto. E vinca il migliore.
Aggiornamento dell'ultimora.
Renzi, sulla sentenza, offre paternamente ai piccoli partiti la via d'uscita del Mattarellum, ma gongola: "altrimenti, al voto subito" :-)Si veda L'Unità
Monica Montanari
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martedì 24 gennaio 2017
Cybersquadrismo mascherato da lotta "anticensura"! Il mistero del furto dei gruppi facebook!
Hanno rubato un gruppo fb dedicato a Matteo Renzi, 8 mila persone che si sentivano tra amici e liberi di confrontarsi sono stati scippati del loro spazio di discussione.
lunedì 23 gennaio 2017
Aspettando la Consulta: salvare l’Italicum per dare una spinta in avanti
La corte darà nuovo impulso alle riforme o le fermerà per sempre? A questo si riduce l’ansia di queste ore di vigilia prima dell’attesa sentenza di domani della Corte Costituzionale in fatto di Italicum.
Questo articolo sarà un po’ complicato ma la materia è quello che è.
La sentenza potrebbe anche prendersi qualche giorno ulteriore, ma ormai ci siamo.
Il Paese concluderà solamente domani una fase di ricerca e di lotta tra conservatori e progressisti iniziata già nel 1992.
Sarà la vittoria del conservatori con un doppio Consultellum per Camera e Senato? O sarà la sfida di un Italicum pienamente in vigore che rimette le riforme sul tavolo delle cose da fare?
Un salto indietro a prima degli anni ’90? O un salto nel futuro?
La consulta si trova davanti a un’empasse.
Tre sono le possibilità:
Modificare l’Italicum
Potrebbe correggere la legge pur essa essendo stata scritta seguendo alla lettera gli argomenti della sentenza costituzionale contro il Porcellum. Ciò porterebbe tuttavia la Consulta a creare paletti di costituzionalità molto rigidi rispetto alle evoluzioni future del sistema politico.
Salvare l’Italicum così com’è
Potrebbe salvare l’Italicum per com’è. Ma ciò secondo Alessandro Di Matteo su La Stampa la porterebbe a contraddire gli argomenti con cui bocciò il referendum anti-porcellum di Di Pietro: lasciare il Paese senza una legge elettorale applicabile.
Eliminare l’Italicum
E dunque la Consulta non potendo modificare l’Italicum né approvarlo così com’è - perché incoerente rispetto alla legge in vigore al Senato - dovrebbe bocciarlo per la radicale avventatezza di aver emanato una legge in predicato di una riforma costituzionale complessiva.
Ovvero per l’imprudenza di base con cui venne fatta una legge contando sulla vittoria del “sì” al referendum, vittoria che come noto non c’è stata.
Ma l’attività legislativa - nelle sue procedure e opportunità - ricade nell’oggetto in giudizio? Non pare, essendo la Corte chiamata e vincolata a esprimersi nel merito delle questioni specifiche a essa sottoposte.
Perché bisognerebbe salvare l’Italicum?
L’Italicum rischia - è vero - di dare alla Camera una maggioranza politica diversa da quella del Senato. Ma questo è definibile come “inapplicabilità”? Inapplicabilità secondo i parametri costituzionali?
Se per ipotesi fosse in vigore, per l’elezione del Senato, una legge elettorale antidemocratica? La Corte dovrebbe eliminare la legge elettorale della Camera solo perché incoerente con quella in vigore al Senato? Sarà molto interessante vedere come i non invidiabili giudici risolveranno la questione e con quali motivazioni.
Non sono argomenti da costituzionalista, questi come è ovvio ma, pur con distinguo di ben altra levatura giuriusprudenziale, a questo si riducono le scelte della Consulta:
Approvare, Eliminare, Modificare.
In buona sostanza la Consulta deve stabilire se caricarsi dell’onere di dare al Paese un assetto coerente, bocciando l’Italicum. O licenziare il testo per come è, stimolando con ciò il Parlamento a trovare una soluzione per il Senato.
La prima è una scelta regressiva, apparentemente più prudente e in realtà pericolosissima per il sistema perché lo incaglierà per altri decenni a una governance di basso livello, incapace di riformare in radice i difetti di produttività di sistema.
La seconda - quella dell’approvazione dell’Italicum - è apparentemente la più rischiosa perché rimette la palla al centro di un Parlamento dalle volontà inconciliabili. E tuttavia anticipa - e in questo sta la sua saggezza - uno scoglio ineludibile, uno scoglio che comunque dovrà essere affrontato e superato: darsi un assetto capace di ovviare ai nostri ritardi di sviluppo.
Monica Montanari
Documenti e Fonti
Alessandro Di Matteo, «Perché la sentenza della Consulta sull’Italicum deciderà le sorti della legislatura (e non solo)», La stampa, 23 gennaio 2017Ti è piaciuto l'articolo?
Pieni poteri a Vasco Errani, Gentiloni ci salva dalle pastoie burocratiche
Da Gentiloni avanti con le riforme di Renzi e la sua logica per superare la burocrazia: pieni poteri per Errani e alla Protezione civile.
domenica 22 gennaio 2017
Perchè serve il cambiamento: burocrazia uguale irresponsabilità
L'email inascoltata di Rigopiano, la dimostrazione di un'Italia bloccata dalla burocrazia, la solita Italia. L'Italia che quelli del "no" non hanno voluto cambiare.
Elezioni sì o no: cosa vorremmo che Renzi ci dicesse
Contrasti tra le correnti amiche ritardano l’attività organizzativa di Renzi per formare una nuova Segreteria del Pd.
Una tragedia senza precedenti: i soliti noti non aspettavano altro
Non solo Salvini e Santanché, il vero sciacallo si nasconde nell’ombra.
Le polemiche sul terremoto passeranno di grado.
sabato 21 gennaio 2017
Perché riesumare Prodi questa volta non basterà
Romano Prodi all’incanto, un po’ pifferaio magico, scende ieri dalla sua Bologna per andare a Roma a Palazzo Chigi a parlare con Paolo Gentiloni.
venerdì 20 gennaio 2017
giovedì 19 gennaio 2017
D’Alema: perché la minoranza dem ha votato Sì in Parlamento e No alle Urne
Il Corriere della Sera intervista D’Alema sull’accusa sempre più pressante di portare la responsabilità delle conseguenze del “No”. Il burocrate alza le mani trincerandosi dietro le procedure.
mercoledì 18 gennaio 2017
Assedio televisivo: ancora tutti contro Renzi
Basta col fantasy catodico, sono i politici al potere da decenni che hanno la responsabilità della rovina del paese, basta con le favole.
martedì 17 gennaio 2017
Perché il disastro è colpa del “no”
L’abc di un disastro annunciato, le facce di bronzo dei politici del "no". Perché l'Europa non può più aiutarci.
lunedì 16 gennaio 2017
Forse tre miliardi di nuove tasse: ma a noi cosa ce ne frega dell’Europa ?!
Ridi ridi amico del “no” lo avevano detto e lo hanno fatto: niente sconti all’Italia del “no”. L’Europa secondo alcuni si appresta a chiedere all’Italia 3 miliardi di tagli o tasse. Ma non è frutto della politica di Renzi.
Tutti Assolti! Era solo fango
Tra il 2016 e il 2017 sono stati assolti a decine, amministratori, ministri, sindaci, manager, tutti gettati alla gogna.
domenica 15 gennaio 2017
sabato 14 gennaio 2017
Budino M5S: sicuro che sia cioccolata?
Il Corriere della Sera profetizza che solo la prova budino potrà mettere sotto stress il M5S. I grillisti secondo sondaggi non pagano nemmeno il flop europeo.
venerdì 13 gennaio 2017
Riforme del governo Renzi: da Travaglio solo gufate
mercoledì 11 gennaio 2017
Pronta guarigione a Gentiloni. Ma la situazione è questa
Quelli del “no” hanno destabilizzato il Paese con tre azioni che la storia non può perdonare. Alla faccia nostra, se ne sono fregati degli italiani. Quelli del "no" hanno agito con il solo scopo di far fuori un rivale.
martedì 10 gennaio 2017
Renzi vuole che salviamo l’Italia
Renzi in prima linea. La primavera sta arrivando, direbbe Orfini appassionato lettore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George RR Martin.
lunedì 9 gennaio 2017
Quando non è Grillo che rifiuta il sistema, ma è il sistema che rifiuta Grillo.
Resistendo all'impulso di un facile consenso non ho postato volutamente nulla finora sull'affaire Grillo - Alde. Ma ora posso farlo e vi dico fuori da denti: gli è andata male.
L’accozzaglia muore, solo Grillo si salva
L’Italia dei morti viventi
Tra i politici tradizionali, i vincitori del NO sono già morti e non lo sanno.
domenica 8 gennaio 2017
sabato 7 gennaio 2017
Quando i "somari" salgono in cattedra: ribellione contro la Buona Scuola
Tra dicembre e gennaio vengono consegnati i bonus di merito agli insegnati istituiti da Renzi con la riforma detta della Buona Scuola. I bonus vanno dai 200 ai 1800 euro a insegnante.
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