martedì 31 gennaio 2017

Occupati e disoccupati aumentano insieme: perché è un bene

I dati sulla disoccupazione giovanile sotto i 24 anni sono buon segno, la nuova occupazione creata da Renzi dà fiducia. I giornali del "no" si appigliano ai dati sull’aumento della disoccupazione sotto i 24 anni e non dicono che a farla crescere sono i tanti ragazzi che smettono di girarsi i pollici e si mettono a cercare lavoro.

 



Né l’Istat - né nessun altro, in questo Paese del lavoro nero e dei furbetti del voucher, -  ha modo di sapere quanto lavorino gli italiani, perché gli italiani, interrogati dai rilevatori demoscopici, mentono. E forse non solo gli italiani. Tant’è.

A livello internazionale si è concordato di considerare che basta che uno abbia ammesso di aver lavorato un’ora in quella data settimana per considerarlo - per quella settimana - occupato. Una convenzione dunque:  ma a cosa serve?

Dal momento che il dato viene rilevato in questo modo in tutta Europa, questo dato serve come parametro tendenziale di crescita.

Il dato ottenuto da Matteo Renzi nel triennio di governo - 550 mila nuovi occupati - non ci dice infatti che effettivamente ci sono 550 mila persone in più che ogni giorno si alzano e stanno al lavoro 8 ore e prendono uno stipendio... Ma ci dice che queste persone sono in aumento e sono tantissime più di prima.

È una buona notizia. 


Quelli del no “non ce vanno sta”, come dicono a Roma.

Si appigliano a dati sull’aumento della disoccupazione sotto i 24 anni e non dicono che a farla crescere sono i tanti ragazzi che smettono di girarsi i pollici e si mettono a cercare lavoro.

Danno dati sull’aumento dell’uso dei Voucher e non dicono che rappresentano solo lo 0,23% del costo complessivo del lavoro in Italia.

Con buona pace di questa disinformazione, l’Italia di Renzi ha fatto passi avanti.

Lo confermano i dati sulla crescita del prodotto interno lordo: con un +2 di crescita del Pil in tre anni a fronte della crescita sotto zero di quando Renzi non c’era. Per ritrovare infatti il segno più bisogna risalire al 2011 quando deflagrò la crisi dello spread.

Certo la vittoria del NO ha creato un’enorme crisi di credibilità internazionale per l’Italia. Una crisi già pagata a livello bancario e in futuro chissà.

A tutto questo la gente del Sì non vuole starci. Ha fiducia, punta tutto sulle elezioni per avviare di nuovo il percorso di pulizia e di ordine nel Paese, sperando in un Italia da cinema, un’Italia capace di rimettersi in cammino.

Monica Montanari




Fonti

La Stampa
Il Fatto Quotidiano


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