domenica 26 febbraio 2017

Renzi da Fazio: abbiamo dato l'impressione che fosse tutto facile

Matteo Renzi da Fazio con i toni tranquillizzanti adatti a un pubblico di sinistra tradizionale ha risposto alle domande appuntite e insistite del conduttore sui temi della scissione e della concretezza dei programmi di riduzione delle tasse. Toni morbidi, arroganza bandita: la prima partecipazione di Renzi a un talk dopo il 4 dicembre si conclude con l’abbraccio di un pubblico in studio disposto ad applaudirlo con insistenza.





Sulla scissione Matteo Renzi si è detto certo che fosse stata pianificata da tempo e che il grande regista fosse Massimo D’Alema. Ha spiegato in quale misura ha seguito e si è differenziato dall’esempio di Walter Veltroni che si dimise per non spaccare il partito. Renzi si è dimesso da tutto ma non ha accettato di smettere di fare politica, per non dare ai figli l’esempio di uno che si arrende e perché non avrebbe mai rinunciato a combattere per il futuro dell’Italia.

«La scissione è rimediabile?» ha chiesto Fazio.
Renzi ha ricondotto la fuoriuscita di alcuni esponenti alla dimensione di un fatto di palazzo e ha ricordato alla sinistra che davanti alle grandi insidie del sovranismo alla Trump il problema non può essere “Renzi”. Ha infine dichiarato di aderire in tutto ai valori della sinistra ma non all’incapacità di questa di accettare che chi vince comandi.




Intervistato sull’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre scorso, Renzi si è rallegrato di aver avuto modo con la sconfitta di individuare gli amici veri. E quanto a Gentiloni ha riconfermato che sarà il Presidente del Consiglio in carica a stabilire se e quando dimettersi. In fatto di Bilanci Matteo Renzi ha ammesso con dolore che quella battaglia è ormai perduta e ha riconosciuto di aver fatto un errore capitale: aver dato l'impressione che fosse tutto facile senza dare agli italiani la percezione di quanto fossero invece grandi lo sforzo e la difficoltà.

Passando ai progetti per l’Italia nuova, Renzi ha rimarcato lo stato attuale di un’Italia appiattita sul presente e ancora una volta si è messo nella posizione di chi si sforza di additare un futuro possibile. Ha ricordato il viaggio a Scampia e quello in California, e ha contestaro la profezia secondo cui la rivoluzione digitale sarà perdita di posti di lavoro.

Le rivoluzioni tecnologiche hanno sempre prodotto perdita di posti di lavoro, ha osservato, ma poi hanno generato un’espansione dell’occupazione. Ha confermato di essere favorevole alla  creazione di paracadute finanziari ma non all'assistenzialismo. Ha ricordato come la disoccupazione giovanile al 40% sia comunque di 6 punti inferiore al 46% di disoccupazione giovanile che vi era al momento dell’insediamento del suo Governo. Ha ricordato altri punti di forza del suo triennio: i 600 mila posti di lavoro in più che sono tanti ma sono ancora soltanto i tre quinti dei posti persi durante la crisi del 2011. E poi ha citato l’assenza di procedure di infrazione e ha ribadito la necessità di dire dei "no" in Europa, come davanti alla lettera di Bruxelles inviata a un’Italia reduce da 53 mila scosse sismiche. Bisogna inoltre imparare a sostenere i nostri ministri, ha ribadito, quando vanno in Europa, indipendentemente dal loro colore politico perché questo dà forza contrattuale all'italia. Ha confermato l’intenzione di mettere a programma per i prossimi cinque anni una progressiva riduzione dell’Irpef.




Sull’indagine Consip che ha sfiorato il padre Tiziano, Matteo Renzi ha ribadito la propria fiducia nella magistratura come atto rituale dovuto da un personaggio pubblico, ma ricorda l’importanza di fare i processi velocemente e non sui giornali.

 Monica Montanari



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